Continuità generazionale

Avv. Aldo Baruffi – Avv. Julka Lanfranco
Studi Legali Riuniti – Trentaquattro srl

Ing. Paolo Stocco Partner
MCS Consulting srl

Prendiamo spunto dall’articolo di Claudio Feltrin, AD di ARPER S.p.A., pubblicato nel blog il 5 di agosto, per evidenziare e ampliare alcuni concetti emersi ed aggiungere ulteriori informazioni e riflessioni in merito all’argomento.
Da un’indagine condotta dall’Associazione Cerif-Asam assieme all’Università Cattolica su un campione di 180 aziende di famiglia con un fatturato medio annuo fra i 5 ed i 50 milioni di euro, si evince che la “gestione della successione” rappresenta, in ordine di priorità, il quarto elemento di criticità fra quelli emersi in questi anni di crisi, ma ne riassume di fatto i primi tre, ovvero: una pressione tributaria troppo alta che riduce la possibilità alle aziende di autofinanziare il proprio sviluppo accanto ad una scarsa propensione ad adottare strumenti come il private equity, largamente adottato invece nei paesi di cultura anglosassone; la difficoltà, per carenza di risorse finanziarie e di competenze interne, da parte delle piccole e micro aziende di comprendere i settori ed i mercati di riferimento e le relative dinamiche e prospettive; una continua riduzione della marginalità che spinge alla vendita dell’azienda.

La gestione della successione dunque di fatto rimane un problema cruciale per la maggior parte delle aziende familiari, che, secondo dati Istat del 2011, rappresentano oltre il 70% del tessuto imprenditoriale italiano.
Nel nostro ordinamento sono diversi gli strumenti giuridici che possono essere utilizzati dall’imprenditore al fine di regolare e soprattutto programmare il cosiddetto passaggio generazionale nella impresa.
Tale esigenza è particolarmente sentita ove l’impresa abbia una gestione a cui partecipano persone tra loro legate da vincoli familiari, come è caratteristico della nostra realtà. L’imprenditore di regola conosce la difficoltà del passaggio generazionale e vuole affrontarla per tempo, senza rimettere la cosa alla disciplina delle successioni contenuta nel codice civile, non pensata certo per similari problematiche.
In questo settore operano molti soggetti che propongono la propria consulenza ed assistenza, che talvolta però agiscono senza tenere conto della specificità e peculiarità di ciascuna situazione.
Non è certo qui possibile esporre ed analizzare le soluzioni a disposizione dell’imprenditore che si aggiungono a quelle “classiche” (quali la donazione o la cessione dell’azienda o di un ramo d’azienda, i negozi istitutivi di usufrutto e nuda proprietà, la scissione o lo scorporo di taluni rami d’azienda).
Quando l’impresa è organizzata in forma societaria il controllo della gestione, e quindi il passaggio generazionale, può essere attuato mediante la costituzione di gruppi, holding di famiglia, grazie a patti parasociali o in forza di particolari vincoli statutari.
L’imprenditore può certo veicolare la propria partecipazione societaria mediante la relativa cessione o donazione.
Nel nostro ordinamento sono state peraltro introdotte figure giuridiche più recenti, che hanno superato talune delle preclusioni che caratterizzano la disciplina successoria o i modelli “classici”.
Tale è il “patto di famiglia”. In estrema sintesi con la relativa stipulazione l’imprenditore può realizzare il trasferimento di tutta o parte dell’azienda o della partecipazione sociale a favore di uno solo o di alcuni dei suoi figli. Si tratta di un contratto al quale necessariamente partecipano il coniuge e gli eredi legittimari, a favore di ciascuno dei quali spetta il riconoscimento del valore della quota dell’oggetto della disposizione (salva la facoltà di rinunciarvi).
Del pari, pur adottando gli opportuni accorgimenti al fine di prevenire la lesione o la pretermissione dei legittimari, l’imprenditore può, tramite l’istituto del “trust”, anch’esso di recente introduzione, regolamentare la successione dell’azienda (eventualmente differendo tale trasferimento ad un secondo momento) e definire la programmazione della relativa amministrazione. In poche parole con il trust, il disponente può vincolare i beni che vi conferisce, destinandoli all’attuazione del programma ch’egli stesso definisce e di cui viene gravato il trustee.
Ciascuna delle figure sopra elencate presenta rilevanti utilità, ma anche aspetti problematici. L’imprenditore per tale via potrà definire, con minore o maggiore precisione, la futura organizzazione dell’impresa, tenendo presenti le inclinazioni, e desideri e le concrete disponibilità delle persone che dovranno proseguirla, eventualmente segregando in tutto o in parte l’azienda o la partecipazione alla società per un periodo di tempo prestabilito, senza immediatamente perderne il completo controllo.
Tali esigenze possono divenire al giorno d’oggi ancor più pressanti nelle ipotesi di famiglie cosiddette allargate.
La scelta dello strumento più idoneo per la programmazione della successione dell’impresa andrà esaminata avendo riguardo ad ogni specifico caso concreto poiché richiede la valutazione di più elementi, quali, a titolo esemplificativo:
• l’intenzione dell’imprenditore e l’opportunità di regolamentare una successione completa, ovvero una successione limitata alla proprietà ma non anche alla gestione della impresa ovvero finalizzata al relativo trasferimento all’esterno della famiglia,
• la composizione della famiglia,
• la tipologia dell’impresa, la sua organizzazione e dimensioni,
• il grado di coinvolgimento che l’imprenditore vuole mantenere nella gestione del passaggio generazionale, la immediatezza oppure la gradualità con cui intenda realizzarlo,
• l’eventuale indebitamento riconducibile alla complessiva attività aziendale o ad un certo settore o ramo,
• l’impegno finanziario che la redazione o la attuazione del negozio prevedibilmente comporteranno in capo al disponente ovvero ai beneficiari,
• l’imposizione fiscale.

In definitiva vi sono strumenti idonei a regolare il passaggio generazionale, ma la scelta e le modalità di realizzazione vanno adattate alla specifica situazione onde evitare attività inutili, troppo costose e/o inadeguate o, addirittura, dannose.